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Hyperversum quotes
«Se tu potessi conoscere il futuro, questo sarebbe già scritto e se fosse già scritto, tu non potresti cambiarlo» considerò Isabeau.
Ian rimase colpito dall’osservazione. […] Sospirò e chiuse gli occhi per un attimo. Quella vicenda assurda gli dava le vertigini ogni volta che ci ripensava.
«Jean è mio fratello e io lo amo nonostante tutto, ma dama Isabeau è per me una figlia: non esiterei a uccidere chiunque la facesse soffrire, si trattasse pure del mio stesso fratello. Dovessi vederla piangere per lui, farei di lei la sua vedova senza rimpianti»
«Splendida» ammise Daniel, indicando la miniatura. «Peccato che non sia reale.»
«È stata reale prima di tutti noi» lo corresse Ian. «Siamo solo nati ottocento anni troppo tardi per poterla incontrare.»
Si portò le mani alla faccia. Il visore 3D non c’era più. Lo sbigottimento lasciò il posto al panico. Alex premette le mani contro le pareti e si sentì soffocare. Era prigioniera in un armadio vero, nella stanza in cui era appena stato commesso un omicidio.
Avanzò piano, passo dopo passo, quasi tremando. Gli sembrò di entrare in un incubo. Come un sonnambulo, mise piede nel prato basso e curato fino a un punto preciso. Un punto che aveva ancora scolpito nella memoria.
Daniel capì che non c’era più tempo per indugiare. Il suo aggressore tornò a rivolgersi a lui. «Di’ al tuo padrone che lo terremo d’occhio. Qualsiasi cosa abbia in mente, sappia che avrà i nostri sguardi puntati addosso e anche le nostre spade».
Nelle sue fantasie, Alex non aveva mai immaginato che un cavaliere vestito di bianco potesse fare paura, ma quello che entrò per primo in lizza le sembrò terrificante. Più alto e imponente dei suoi compagni, forse persino più forte […]. Sul petto e lo scudo portava una striscia azzurra con il falco d’argento.
Si aggrappò al senso dell’onore, perché non gli rimaneva altro, e rialzò la testa. «Io non tradisco la mia parola, nemmeno se ho promesso protezione a chi mi ha mentito. Sono un Ponthieu, non un infame.»
Rialzò la testa per individuare l’icona fosforescente a forma di mela. Nel vano non c’era nemmeno una luce. Incredulo, Daniel si guardò intorno, con il respiro che di colpo accelerava. «Help» ripeté.
Nulla apparve.
«Voglio sapere dove ci state portando» ripeté Ian. «E io voglio sapere tante altre cose da te» rispose Martewall. «Avremo modo di parlare durante il tragitto. Non abbiamo che da scegliere in che lingua farlo».
Ian si staccò da lui per guardarlo negli occhi. «Ne sei sicuro?» Daniel annuì. «Ho controllato le statistiche. In gioco ci sono solo io… e c’è anche il tuo personaggio». «Funziona tutto?» «Questa volta sì».
Daniel sentì i brividi fino alla punta dei capelli.
Francia. 1215. Il Falco d’argento. La partita di Hyperversum. Quel tono colloquiale nell’e-mail, il tono di chi si sta rivolgendo a un amico: ogni cosa in quel messaggio riportava a Ian.
«Non dovreste stare qui. E non lo dico solo perché fa freddo.»
La voce raggiunse Alex alle spalle. Lei chiuse gli occhi per un attimo perché la frase le ricordò un momento analogo di due anni prima, in un altro castello, durante un altro banchetto. Ma stavolta il ragazzo che l’aveva raggiunta sulle mura preoccupandosi per lei non era Marc.
Era Richard Martewall.
Alex avanzò di un passo e si fermò di nuovo. Rimase all’angolo del vicolo, non più nascosta contro il muro, e attese che fosse Marc a notarla. Assaporò il momento in cui la vide, drizzò la schiena e appuntò subito su di lei tutta la sua attenzione, come un rapace cacciatore.
Prese prima l’anello e l’osservò. Era di metallo comune, senza pietre dure o decori, ma il simbolo inciso sul castone lo fece sobbalzare. Due cavalieri armati in sella a un solo cavallo e circondati dalla scritta “SIGILLUM MILITUM”, accompagnata da una croce. «Un templare?» esclamò Marc.
Alex si strofinò gli occhi per ricacciare indietro le lacrime che pungevano le palpebre come aghi. Niente sarebbe più stato come prima, ne era certa. Il suo sogno medievale era finito, irrimediabilmente compromesso. Il castello di carte era in bilico e sarebbe caduto nel peggiore dei modi entro qualche ora o qualche minuto… Forse era già crollato.
Lo vendicherò, lo giuro sul mio sangue, pensò Marc in un impeto di furia, ma sapeva fin troppo bene di essere lui la preda in quel momento, di avere le ore contate e che forse non avrebbe avuto mai la possibilità di rendere giustizia a chi era morto prima di lui.
Ian distolse gli occhi, allargò le braccia. «Che posso fare, altrimenti? Ho altri due figli. Se questo segreto trapela anche la loro vita ne resterà sconvolta. Mentire a tutti è la mia condanna, il prezzo che devo pagare per il gioco che ho scelto di continuare a giocare.»